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Il film Everything Everywhere All at Once (2022) lettura psicoanalitica che coniuga Freud e Lacan attraverso la metafora visiva del multiverso a cura del dottor Silvestri Maurizio

Aggiornamento: 11 ore fa



Il salto quantico del rimosso: proiezione, odio e amore nell’universo psichico di Everything Everywhere All at Once.


Il film Everything Everywhere All at Once (2022) si presta a una lettura psicoanalitica che coniuga Freud e Lacan attraverso la metafora visiva del multiverso, letto qui come espressione cinematografica dell'inconscio e delle sue scissioni.


1. Il salto quantico e il ritorno del rimosso


Il salto quantico che Evelyn compie tra le versioni alternative di sé può essere inteso non solo come evento fantascientifico, ma come rappresentazione del ritorno del rimosso freudiano. Ciascuna realtà alternativa è un frammento di Sé, scartato, negato, non integrato: versioni possibili di Evelyn che incarnano desideri insoddisfatti, traumi non risolti, identità potenziali. Il salto tra mondi è dunque un ritorno del rimosso che irrompe nella realtà cosciente, generando disorientamento, angoscia, ma anche una possibilità di sintesi.


Nel linguaggio lacaniano, si tratta dell’irruzione del reale nel simbolico: ciò che non può essere rappresentato, ma insiste, ritorna, si impone – come il caos del multiverso.


2. L’odio e la proiezione dell’Altro


La figura della figlia Joy (e della sua versione oscura, Jobu Tupaki) incarna l’Altro come specchio distorto del desiderio materno. Evelyn proietta su di lei tutto ciò che ha represso: rabbia, fallimento, senso di colpa. Qui entra in gioco il concetto freudiano di proiezione: l’odio che Evelyn prova per sé stessa (come madre, come donna non realizzata) viene attribuito all’Altro – Joy – che ne diventa il bersaglio.


In Lacan, l’Altro è anche il luogo dell’inconscio: Joy/Jobu è l’incarnazione della scissione soggettiva di Evelyn, e l’odio è la forma in cui questa scissione si manifesta nel mondo fenomenico.


3. La risoluzione: amore come atto simbolico sull’Altro


Quando Evelyn smette di combattere Jobu, smette anche di proiettare: compie un atto simbolico che interrompe il circuito dell’odio. L’amore qui non è sentimento astratto, ma gesto concreto di riconoscimento dell’Altro nella sua alterità, nella sua mancanza, nella sua sofferenza. Evelyn accoglie la figlia senza più volerla correggere, salvare o trattenere. In termini lacaniani, cessa di identificarsi con l’oggetto dell’Altro e ne riconosce il desiderio proprio.


In questo atto, Evelyn interrompe il flusso dell’aggressività che proveniva dall’altra “dimensione” – ovvero dall’inconscio – e che si manifestava nel suo universo quotidiano. Il multiverso si riordina non attraverso il dominio, ma attraverso un gesto d’amore: è la soluzione dell’Altro che dissolve il trauma, riportando il soggetto a una nuova possibilità di integrazione.

Ora possiamo procedere con la spiegazione analitica dei tre tempi di elaborazione situati nel film ovvero: everywhere everything at all once e l'integrazione dei concetti di amore e odio coniugati con la dimensione del superiore e del riconoscimento simbolico.


Everything, Everywhere, At Once: il rimosso, l'Altro e la cura del desiderio. Una lettura psicoanalitica tra Freud e Lacan"


Il film Everything Everywhere All at Once (Daniels, 2022) si presta a una lettura psicoanalitica che mette in luce con straordinaria potenza il meccanismo del rimosso e il suo ritorno nel sintomo. I tre momenti del titolo - "Everything", "Everywhere", "At Once" - diventano nel linguaggio analitico i tre tempi del lavoro psichico: la riattivazione del trauma, la proiezione sull’Altro, e infine la simbolizzazione attraverso l’atto d’amore.

Questa analisi si focalizzerà in primo luogo sulla dinamica tra madre e figlia come cuore pulsante del trauma transgenerazionale, successivamente sulla funzione paterna e sull’irruzione del Super-Io, e infine sulle figure del marito e dell’amore come atto simbolico. Il pensiero di Freud e Lacan sarà il tessuto concettuale di riferimento, per interrogare la questione fondamentale: come si elabora il rimosso?

1. La dinamica madre-figlia: la trasmissione del rifiuto e la risposta del sintomo

Al centro del film vi è il legame patologico tra Evelyn e sua figlia Joy. Questa relazione è segnata da un rifiuto implicito che non viene mai simbolizzato. Evelyn, figlia non legittimata dal proprio padre per la scelta di vita fatta, trasmette alla figlia lo stesso marchio d’esclusione. Joy non è solo figlia non riconosciuta nella propria sessualità e identità, ma è il sintomo vivente di un desiderio mai integrato.

Freud, nella Lettera a Fliess del 1897, afferma: "Ho rinunciato alla mia neurotica, e sono convinto che nessuna nevrosi si generi senza un conflitto affettivo profondo rimasto irrisolto nell'infanzia". Lacan, nel Seminario XX, sottolinea: "Il desiderio della madre è il desiderio dell’Altro. Ma è anche ciò che può divorare il soggetto se non è simbolizzato da un Nome-del-Padre".

Joy, divenuta Jobu Tupaki, incarna la disintegrazione del soggetto non inscritto nel desiderio materno: puro godimento senza legge, frammentazione dell'identità, bagel del reale. Il bagel nero è l’oggetto a di Lacan nella sua forma più radicale: un buco in cui ogni significante si dissolve.

La soluzione avviene quando Evelyn, nella scena finale, riconosce la figlia non come estensione del proprio fallimento, ma come soggetto distinto. L’amore non è più condizionato, ma è il gesto simbolico che dice: "Ti vedo, anche nel tuo caos". Qui il rimosso viene simbolizzato: non cancellato, ma accolto nel campo dell’Altro.

2. La funzione paterna e il rifiuto originario

L’elemento paterno è fondativo del rimosso in Evelyn. Il padre ha rifiutato la sua unione con Waymond, e con essa il suo desiderio. Lacan, nel Seminario III, identifica il Nome-del-Padre come l’elemento che struttura il desiderio e lo separa dal godimento. Senza questo nome, il soggetto rimane nella giungla pulsionale.

Evelyn, non essendo stata autorizzata dal padre a desiderare, fallisce nel trasmettere una legge simbolica alla figlia. In Freud, questo è il passaggio da una posizione passiva (subire il desiderio dell’Altro) a una posizione attiva, che implica riconoscere la propria responsabilità nel proprio desiderio (Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905).

Il padre riappare nella scena finale, ma non come soggetto della Legge, bensì come testimone della trasformazione: finalmente, Evelyn può dire il proprio desiderio al padre, e può includere Joy nella catena simbolica. Il rimosso ritorna non più come minaccia, ma come memoria simbolizzata.

3. Il Super-Io e il giudizio: Deirdre come agente del rimosso

La figura di Deirdre, l’agente delle tasse, è la personificazione del Super-Io. All’inizio del film, essa appare come persecutoria, inflessibile, giudicante. Freud nel Disagio della civiltà scrive: "Il Super-Io è crudele, esigente, e spesso più severo del padre reale". Lacan ne parla come del "godimento dell’Altro", che infligge colpa anche laddove non vi è peccato.

La funzione di Deirdre cambia nel corso del film: da persecutrice a soggetto simbolico, è reintegrata nel legame umano quando Evelyn riesce a non più temerla come agente esterno, ma a incontrarla come essere desiderante. Questo passaggio avviene attraverso il marito Waymond, che mostra un’altra possibilità: quella della gentilezza come forma di resistenza.

4. Il marito e l’amore come atto simbolico

Waymond è l’elemento salvifico. Spesso ridicolizzato o ignorato, incarna la possibilità dell’atto puro. Non cerca potere, non impone il suo desiderio, ma tiene insieme ciò che il trauma ha separato. Lacan nel Seminario VIII afferma: "L’amore è dare ciò che non si ha a qualcuno che non lo vuole". Waymond offre a Evelyn proprio questo: una gentilezza che non cerca riconoscimento, ma apre lo spazio simbolico dell’Altro.

Nella scena in cui Evelyn risponde alla violenza con il gesto non aggressivo – carezzando, ascoltando, sorridendo – si attua la simbolizzazione del rimosso. Il salto quantico, qui, diventa il passaggio tra due strutture: dal godimento mortifero all’ordine simbolico dell’amore.

5. Everything, Everywhere, At Once: i tre tempi dell’elaborazione

  • Everything è il ritorno del rimosso: tutti i Sé alternativi che Evelyn scopre sono scarti del proprio desiderio non vissuto.

  • Everywhere è la proliferazione del sintomo: l’odio, la colpa, la vergogna si proiettano ovunque, nell’Altro, nella figlia, nella Legge.

  • At Once è il momento dell’atto: quando l’amore prende il posto del godimento, e il soggetto si assume la responsabilità del proprio desiderio.

Come in Matrix, la scelta tra pillola rossa e blu diventa qui la scelta tra ignorare il rimosso o attraversarlo. Evelyn sceglie di attraversare.



Il passaggio dall'odio all'amore attraverso il terzo occhio che avviene nell'attraversamento della ignoranza del proprio inconscio per arrivare alla consapevolezza che risolve il conflitto con l'Altro (simbolico - simbolizza il proprio irrisolto - capendo il problema che aveva creato nell'altra dimensione) in accettazione dell'altro (immaginario - immaginando di aiutare l'altro nell'altra dimensione a riappropriarsi di ciò che lo realizzava)


Il terzo occhio che appare nel film Everything Everywhere All at Once, soprattutto sulla fronte di Evelyn durante il momento di trasformazione e apertura, ha un chiaro significato mistico ma è anche ricchissimo di implicazioni psicoanalitiche.


Significato mistico del terzo occhio


Nel simbolismo orientale (induismo, buddhismo, taoismo), il terzo occhio rappresenta:


la coscienza superiore, che trascende la dualità,


la visione interiore, che consente di percepire la realtà oltre le illusioni (Māyā),


e spesso l’illuminazione, lo stato in cui l’Io individuale si dissolve nell’Uno.



Nel film, il terzo occhio appare quando Evelyn smette di lottare con l’odio e abbraccia la possibilità di sentire, accogliere, amare ogni cosa ovunque e tutta insieme — senza bisogno di distruggere o separare. È il punto in cui abbandona la logica del controllo per entrare in una logica di apertura, gentilezza e compassione attiva.



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Lettura psicoanalitica: il terzo occhio come simbolizzazione del rimosso


In chiave freudiano-lacaniana, il terzo occhio non è solo una presa di coscienza, ma un punto di torsione tra l’inconscio e il simbolico. Possiamo interpretarlo come:


1. Il ritorno simbolizzato del rimosso


Il rimosso (Freud) ritorna sotto forma di sintomi, incubi, angosce. Ma quando può essere guardato, riconosciuto e detto, esso cessa di agire nell’ombra.


Il terzo occhio è la capacità di vedere il proprio odio proiettato nell’Altro (figlia, marito, agente delle tasse) e riconoscerlo come proprio.


È il passaggio dalla proiezione (l’odio è fuori di me) all’introiezione consapevole (l’odio è mio, lo posso trasformare).



2. L’atto d’amore come risoluzione dell’odio


Per Lacan, l’odio è una delle tre passioni dell’essere (con amore e ignoranza), e spesso è ciò che si rivolge contro l’immagine speculare dell’Altro.


Il terzo occhio appare dopo che Evelyn ha smesso di combattere, quando sceglie l’amore come risposta simbolica all’aggressività dell’Altro (Jobu Tupaki/Joy).


Questo amore non è narcisistico né rassegnato: è l’atto etico che trasforma l’odio, lo guarda, lo integra — e apre uno spazio simbolico nuovo.



3. Dal godimento mortifero al desiderio condiviso


Lacan distingue tra godimento (jouissance) — eccesso, distruzione, caos — e desiderio come mancanza strutturante.


Il terzo occhio segna il punto in cui Evelyn non è più preda del godimento di “tutto ovunque”, ma può scegliere di desiderare in modo situato, cioè umano.


Vede tutte le versioni di sé, ma ne sceglie una — quella in cui può amare, sbagliare, essere fragile.



Sintesi sul terzo occhio


Il terzo occhio rappresenta, mistico e psicoanaliticamente:


La capacità di guardare dentro di sé e riconoscere che l’odio per l’Altro nasce da un trauma non simbolizzato.


La trasformazione del rimosso, che da forza distruttiva diventa sorgente di responsabilità e desiderio.


L’accesso all’amore simbolico, che non cancella il dolore, ma lo rende dicibile e condivisibile.



In questo senso, il terzo occhio non è un potere, ma una conquista etica: quella del soggetto che attraversa l’inconscio e ne esce non purificato, ma umano.


Di seguito potete vedere uno schema che riassume i passaggi dal primo livello ovvero il rimosso e la proiezione dell'odio distruttivo all'atto di trasformazione del terzo occhio ovvero l'elaborazione simbolica con l'accoglienza dell'amore.



Alcune considerazioni che possiamo ricavare da questa analisi psicoanalitica del film.


In Everything Everywhere All at Once, la psicoanalisi trova una rappresentazione potente: il soggetto attraversa il caos del desiderio non simbolizzato, affronta il rimosso, lo riconosce, e lo trasforma in atto simbolico. Freud ci ha mostrato che il rimosso ritorna sempre; Lacan che solo l’atto può inscriverlo nel campo dell’Altro.

Evelyn compie questo atto nel momento in cui guarda la figlia e dice: "Non ti lascerò andare". In quell’istante, il rimosso non è più minaccia, ma fondamento dell’amore.


 
 
 

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