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Simonetta Cattaneo Vespucci genovese Musa ispiratrice: il mito della Bellezza perduta in Botticelli

La figura di Simonetta Cattaneo Vespucci, genovese, musa ispiratrice e probabile modella di alcune tra le sue opere più famose, tra cui La Nascita di Venere e La Primavera merita una considerazione speciale nella considerazione delle opere più famose del Botticelli.

Simonetta: il mito della Bellezza perduta

Simonetta Cattaneo nasce a Genova nel 1453 e si trasferisce a Firenze giovanissima, andando in sposa a Marco Vespucci, membro di una famiglia fiorentina vicina ai Medici. La sua fama di bellezza eterea la rende un simbolo vivente di perfezione femminile. Muore a soli 23 anni, nel 1476, probabilmente di tubercolosi.

Nel lutto collettivo che ne segue, Lorenzo il Magnifico e tutta la Firenze colta contribuiscono a costruire un mito, e Botticelli — che presumibilmente ne era innamorato, o quantomeno ossessionato — la immortala in molte sue opere.

Nel suo testamento, l’artista chiese di essere sepolto ai piedi della tomba di Simonetta nella chiesa di Ognissanti: un atto di fedeltà inconscia al fantasma, più che a una persona reale.

L’infanzia traumatica del desiderio: dalla Genova reale all’ideale fiorentino

In ottica freudiana-lacaniana, il trasferimento di Simonetta da Genova (luogo reale del corpo, della famiglia, delle origini) a Firenze (luogo della cultura, della sublimazione, dell’ideale) può essere letto come una transizione metapsichica: dal corpo vivo al corpo simbolico.

Questa frattura può attivare in Botticelli — già predisposto a sublimare l’eros — la proiezione sul volto di Simonetta di un desiderio infantile mai risolto: la donna angelicata, la madre bella ma perduta, il corpo amato ma inaccessibile.

Secondo Freud, l'artista ripete nella forma dell'opera il trauma del desiderio irrealizzabile. In Lacan, Simonetta diventa l’oggetto a — ciò che causa il desiderio ma non può mai essere posseduto.

La morte come sigillo del desiderio

La morte prematura di Simonetta conferisce alla sua immagine la funzione di enigma pulsionale. Botticelli non ritrae mai un corpo vivo e desiderante, ma un corpo congelato nell’ideale. Questo è evidente nella Venere che, pur nuda, è priva di pulsione sessuale esplicita: è un corpo astratto, non erotico, ma erotizzato, come un sogno rimosso che si offre in forma estetica.

Freud direbbe che la rimozione dell’istinto sessuale è ciò che consente la sublimazione artistica. Lacan preciserebbe che l’assenza è ciò che struttura la rappresentazione: il corpo di Simonetta è sempre presente come mancanza.

Il legame con i Medici: desiderio del potere, identificazione, fascinazione

L’infatuazione di Botticelli per la famiglia Medici, che proteggeva Simonetta, può essere letta come una forma di identificazione narcisistica (Freud) e di desiderio del desiderio dell’Altro (Lacan). Botticelli cerca di accedere al simbolico (al Nome-del-Padre) attraverso la via dell’arte, rendendo se stesso strumento di celebrazione dell’ideale mediceo.

Così facendo, Botticelli non solo costruisce l’immagine della donna ideale, ma costruisce se stesso come artista, nel campo dello sguardo dell’Altro: l’artista esiste solo in quanto visto, riconosciuto, desiderato dall’Altro (Medici, Firenze, pubblico colto).

La bellezza come necrosi del desiderio

In Botticelli, la bellezza non è mai viva: è sempre postuma, simbolica, ritualizzata. Simonetta, idealizzata e morta, diventa la garanzia che il desiderio non possa mai compiersi. La sua bellezza è eterna perché è senza tempo, come una madre idealizzata che non concede accesso al reale.

L’opera d’arte diventa, così, un rito di lutto estetico, un modo per eternare la perdita, fissare la castrazione, e trovare un equilibrio tra eros e thanatos, desiderio e morte.


Di seguito fornisco uno schema simbolico lacaniano che rappresenta la struttura psichica implicita nel rapporto tra Botticelli, Simonetta Cattaneo Vespucci e le sue opere (Venere, Primavera), utilizzando i tre registri lacaniani: Reale, Simbolico, e Immaginario.

REGISTRO IMMAGINARIO

(immagine, identità, specchio: ciò che affascina e illude)

  • Simonetta come immagine idealizzata: bellezza eterea, musa, volto perfetto.

  • La Venere e le Grazie come proiezione dell’ideale femminile: pura, armoniosa, angelicata.

  • Botticelli si identifica con l’artista devoto, cavaliere della bellezza, quasi in funzione cortese: ama senza possedere.

Funzione: mascherare la mancanza. L’immaginario è ciò che rende il desiderio visibile ma fittizio.

REGISTRO SIMBOLICO

(legge, linguaggio, Altro: struttura e interdizione)

  • I Medici rappresentano l’Altro con la A maiuscola: detentori del potere, del prestigio, e della Donna come oggetto del loro desiderio.

  • La morte di Simonetta come evento fondatore: la bellezza viene sacralizzata, non più toccabile.

  • La richiesta di essere sepolto vicino a lei: Botticelli si iscrive nel simbolico come servo del culto.

Funzione: fondare il desiderio come mancante. La legge del simbolico impone la separazione tra soggetto e oggetto.

REGISTRO REALE

(l’inaccessibile, il trauma, il godimento che non si può dire)

  • Il corpo morto di Simonetta: il reale che ritorna come perdita irreversibile.

  • L’angoscia di castrazione: Botticelli non dipinge mai l’erotismo puro, ma solo il suo limite.

  • Il vuoto dietro la bellezza: ogni volto è maschera di una mancanza non rappresentabile.

Funzione: ricordare che il godimento è sempre al di là del simbolico. Il Reale lacaniano è ciò che non si lascia rappresentare.

TRIANGOLO DEL DESIDERIO (struttura)

            Simonetta (oggetto a)

/ \

Botticelli → Medici

V (soggetto) (Altro)


  • Botticelli desidera Simonetta non in quanto donna reale, ma come oggetto causa del desiderio.

  • Il suo desiderio è filtrato dal desiderio dei Medici, e quindi si struttura nella domanda dell’Altro: “Chi sono io per l’Altro?”.

  • Le sue opere diventano lettere d’amore scritte non alla donna, ma all’Altro che la possiede (la Firenze neoplatonica, i Medici, la Cultura).



 
 
 

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