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Analisi Psicologica del Film The Beaver


Il cinema offre spesso rappresentazioni profonde e potenti della psiche umana, e The Beaver (Jodie Foster, 2011) è uno di quei film che, con estrema sensibilità, mette in scena il dramma della depressione e la scissione dell’Io. Attraverso la figura dell'alter ego, il film esplora il conflitto interiore del protagonista, rendendo espliciti i meccanismi psicologici che si attivano nella sofferenza psichica.

Il tema della scissione dell'Io e la nascita dell’Alter Ego

Uno degli elementi centrali del film è la scissione dell’Io, ovvero quel fenomeno psicologico per cui una persona si sente divisa tra pensieri, emozioni e azioni. Il protagonista, interpretato da Mel Gibson, crea inconsciamente un alter ego per sopravvivere alla propria depressione. Questo alter ego è rappresentato da un castoro di peluche, che diventa la voce di quella parte di sé che vuole salvarsi, mentre il suo vero Io è paralizzato dal dolore e dalla disperazione.

Il castoro incarna la parte narcisistica dell'Io, quella che cerca di dare una direzione alla vita e di gestire la sofferenza in modo "funzionale", seppur distaccato dagli affetti reali. Questa dicotomia tra il sé depresso e il sé narcisistico è fondamentale per comprendere il percorso del protagonista.


Origini del trauma e significato del castoro


La scelta del castoro come alter ego non è casuale: il protagonista, da bambino, aveva un padre depresso e distante, che non gli insegnava a usare gli attrezzi da falegname. Dopo il suicidio del padre, il bambino cerca rifugio nel costruire oggetti con il legno, un tentativo inconscio di ricostruire un legame con la figura paterna perduta. Il castoro, un animale noto per costruire dighe con il legno, diventa quindi il simbolo del suo tentativo di resistenza e di sopravvivenza emotiva.

Il protagonista trova il peluche proprio nel momento in cui si sente "gettato via" dalla propria famiglia, abbandonato come lo era stato da bambino. E sarà proprio il castoro a impedirgli di suicidarsi, diventando il tramite con cui cerca di salvarsi dalla sua sofferenza.


La funzione dell’alter ego e il suo prezzo


L’alter ego sembra inizialmente fornire al protagonista un modo per affrontare la vita: lo aiuta a lavorare, a comunicare, a riprendere un ruolo attivo nel mondo. Tuttavia, più il castoro prende il controllo, più il protagonista si allontana dalla sua famiglia e dai suoi affetti reali. Questo perché l'alter ego, pur offrendo un'illusione di stabilità, non permette un vero contatto emotivo con gli altri.

La moglie, che inizialmente asseconda questa fase, arriva a un punto di rottura: lei non vuole vivere con il castoro, ma con il marito. Il rifiuto della moglie e il successivo allontanamento dalla famiglia fanno precipitare il protagonista in una nuova crisi depressiva.


Il conflitto finale: uccidere l’alter ego per sopravvivere


A questo punto si verifica lo scontro definitivo tra il protagonista e il castoro: un conflitto fisico e simbolico in cui la parte depressa e quella narcisistica si scontrano per la sopravvivenza. Il protagonista capisce che, per tornare veramente alla vita, deve lasciar andare il castoro.

La scena in cui costruisce una bara per il castoro è altamente simbolica: rappresenta l’elaborazione del lutto per il padre e la separazione definitiva dall’alter ego. Tuttavia, questa separazione avviene con un atto estremo: l’amputazione del braccio destro, la stessa mano con cui dava vita al castoro. Questo gesto rappresenta una forma di lutto fisico, un sacrificio necessario per poter finalmente uscire dalla depressione.


L’evoluzione finale: un nuovo inizio


Una volta superato il legame con l’alter ego, il protagonista può finalmente costruire un rapporto autentico con il figlio maggiore, il quale aveva sempre vissuto la figura paterna con distanza e rancore. Il film mostra che il vero superamento della depressione non avviene attraverso la fuga in una realtà alternativa (come quella offerta dall’alter ego), ma nella capacità di accettare la sofferenza e di ricostruire legami autentici con gli altri.

L’ultimo messaggio del film è profondo: nessuno si salva da solo. Il protagonista guarisce non perché ha trovato una soluzione perfetta alla sua depressione, ma perché ha accettato il dolore della perdita e ha scelto di ricominciare.


Conclusione


The Beaver è un film straordinario per la sua capacità di raccontare il vissuto di una persona depressa con un linguaggio simbolico e psicologicamente accurato. La scissione dell’Io, la nascita dell’alter ego e il successivo conflitto interiore rappresentano in modo vivido il processo della malattia e della guarigione.

Attraverso questo viaggio, il film ci insegna che il dolore non può essere evitato, ma può essere affrontato e integrato nella nostra storia personale. Solo accettando la propria vulnerabilità e creando legami autentici si può davvero uscire dall’ombra della depressione.

 
 
 

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